Le vicende della fabbrica della nuova Chiesa Arcipresbiterale

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Il capo mastro doveva certo porre rimedio agli inconvenienti provocati dalla imperizia degli operai volontari che si erano fino a quel momento utilizzati; ma anche la direzione tecnica aveva procurato molti pensieri all’arciprete, che nella stessa lettera avanza timidamente il desiderio di “valersi dell’opera di Mastro Provino”, suo compaesano.

A maggio la necessità di legname aveva impegnato il fratello dell’arciprete a rivolgersi ancora ai deputati della Misericordia Maggiore, che avevano concesso ancora cinque piante di rovere. Fino a quel momento la vecchia chiesa era stata salvata per consentire le funzioni quotidiane, ma la fabbrica della nuova chiesa interessava anche quell’area.

Gli inconvenienti lamentati a marzo erano infatti riferibili alla vecchia chiesa, cui gli scavi adiacenti, in quel periodo di grandi piogge, non poteva certo aver giovato.

Ormai le opere erano state affidate definitivamente a due capo mastri, che utilizzavano prevalentemente manovalanza volontaria locale, ed i materiali forniti in luogo. La vecchia chiesa era talmente puntellata, in quanto si dovevano eseguire le sottofondazioni; “S’è cominciato hoggi a fare li fondamento sotto la facciata della Chiesa vecchia e dalla ventura settimana si cominciarà, come penso, a scavare più a dentro: ma si ha scarsezza di paloni, così che bisogna talora che li mastri per tal causa stiano a bada”.

Né possiamo escludere che una parte della vecchia chiesa, come era consuetudine, sia ancora inglobata entro le strutture dell’attuale, in attesa che qualcuno la riscopra.

Il giorno successivo tuttavia le preoccupazioni dell’anziano arciprete erano ancor più gravi, al punto da chiedere all’Abate l’autorizzazione a sospendere i lavori fino a S. Anna, in attesa che comunque il Grataroli potesse controllare di persona la situazione di Bariano.

Alla fine dell’anno si era dato inizio alla struttura della facciata della chiesa, ma i risultati iniziali sono poco soddisfacenti; “quanto al mal principio della facciata di questa chiesa non coerente al disegno del Sig. Alessandri, bisognava però che questo Sig.re non dasse al Capo Mastro (così più volte esso qui si espresse) la libertà di arbitrare nella facciata di farla come voleva”.

Ecco finalmente svelato il nome del progettista che fino a questo momento era rimasto avvolto nel mistero.

E’ l’architetto Filippo Alessandri di Bergamo, della nobile famiglia dei Conti Alessandri la quale aveva la propria residenza in piazza S. Tommaso, dove attualmente sorge l’Accademia Carrara.

 

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