Le vicende della fabbrica della nuova Chiesa Arcipresbiterale

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Quando il filo era pronto, si provvedeva a spedirlo a Bergamo, all’Abate che lo utilizzava direttamente nel suo filatoio.

Si mandano lì due sacchi di filo, cioè lino Pesi 11 Stoppa P. 2 l’una e l’altra netti di tara e così dell’una come dell’altra ne resta ancor farvi qualche poco, che si procurarà di mandare, quando le donne averanno finito di portarlo”.

La filatura gratuita proseguirà poi per alcuni decenni, fino alla completa estinzione dei debiti. L’inverno molto nevoso, aveva rallentato anche le opere preliminari, ed ammorbidito i contrasti di opinione tra i parrocchiani.

Questa buona invernata poi ha smaltito parmi senza contrasto di opinioni il pensiero di cominciar questa primavera la fabbrica, spiacendomi ben molto il passaggio di tante giornate nel nulla”.

Per il progetto della chiesa erano stati interpellati un architetto di Crema ed uno di Tagliuno.

Veniamo pertanto a conoscenza che era stato sollecitato un informale concorso di idee, delle quali sarebbe stato scelto il nome del progettista definitivo.

In realtà in quell’epoca esistevano due tipi di progettisti; l’architetto che esercitava la professione, generalmente unendola ad altra professione d’arte, scultura, pittura, intaglio.

Erano gli architetti colti, che a volte appartenevano a nobili famiglie; erano tuttavia assai pochi.

Ben più numerosi erano invece i Mastri Architetti, i quali avevano imparato la professione direttamente sui cantieri, dapprima come manovali e muratori, per poi divenire Mastri ed Architetti.

Essi continuavano ad esercitare la professioni sui cantieri, assumendo in proprio a volte non solo la direzione dei lavori, ma anche l’appalto stesso delle opere o di alcune opere, e la progettazione vera e propria.

Non è invero raro il caso di trovare Mastri a condurre opere di Architetti, come potremo constatare anche nel nostro caso. In questa prima fase erano stati interpellati dunque tre progettisti: Mastro Proino o Provino di Trescore, Mastro Pagano di Tagliuno ed un Protomastro, ossia Architetto di Crema, di cui non ci è dato di conoscere il nome.

Il periodo invernale era adattissimo per tagliare gli alberi; anzitutto perché i contadini erano liberi dai lavori nei campi, ma anche perché gli alberi non erano in vigore ed erano privi di foglie, ed inoltre i campi erano calpestabili senza recare danno alle culture. Ecco pertanto la relazione di dette operazioni: “Nelle due feste abbiamo condotto a casa li soi legnami, et anche abbiamo tagliati quelle rovere al fondo della villa del Ven. Mia quali donati alla fabbrica, e queste condotti a casa. Dom.ca pure tagliassimo anche quelle del nostro fattore che sono in n° 5 quali farà dieci carra, del quale non aspettano tanto”.

Ai primi di marzo erano stati già consegnati i primi progetti con evidente soddisfazione dell’arciprete, che dimostrava un maggior gradimento verso quello di un non ben precisato Mastro Domenico.

 

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