Le vicende della fabbrica della nuova
Chiesa Arcipresbiterale
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In effetti la
facciata attuale non solo è priva di rivestimenti in pietra, ma
è priva anche delle colonne previste in progetto. Questa presa
di posizione procurerà al sacerdote, due anni più tardi,
limpossibilità di accedere al titolo di arciprete,
allorché il vecchio Don Antonio deciderà di abbandonare
lincarico. LAbate che aveva evidenti ed importanti
appoggi in Curia, tramite i nobili prelati, preferirà infatti la
candidatura del giovane nipote che aveva dimostrato di essere
più ossequiente alla sua volontà. Ai primi di aprile la
facciata già si stava innalzando secondo quanto si era deciso;
occorrevano chiodi e numerosi altri ferri, legamenti,
cambre e stanghette alle travi che servono di chiave à collegar
li muri. Sè già avuto modo infatti di
descrivere come fosse buona tecnica muraria quella di inserire
orizzontalmente nelle murature travi di rovere con funzioni di
chiave di legamento, in sostituzione delle più efficaci ma
troppo costose chiavi in ferro.
Ad agosto si era
ormai giunti al grande cornicione per cui servivano pietre in
gran quantità che ci si preoccupava di acquistare in quel di
Bergamo e di Monticello.
Si giunge così
ben presto allinverno 1745 e ricominciarono le
preoccupazioni per lapprovvigionamento dei materiali per
lanno successivo. Necessitavano ancora grandi quantità di
legname, di travi di rovere anzitutto; Una rovere
era stata promessa da Donato Lupi, ed altre due dai Conti Albani
ed altre si sperava di ottenerne dalla Veneranda Misericordia
Maggiore, ma si aspettava di abbatterle sin al fine
della andante Luna, affinché il legname non si
rovinasse presto per il tarlo. I nostri bravi antenati avevano
messo gli occhi su sette roveri della cascina Belvedere, di
proprietà della Mensa Episcopale di Cremona; ma non
stabilimmo il mercato avendomi il Valdemaro dimandati dieci
zecchini, ed avendogliene io presentato otto. A questo
punto la documentazione epistolare dellarchivio presenta
una lacuna relativa a tutto lanno 1745 e a quasi tutto il
1746, con grave disappunto nostro e pensiamo anche dei nostri
lettori.
Il vuoto di
notizie è interrotto da una lettera-contratto del 17 febbraio
1746, stilata da Antonio Donino detto Bondur Picha
Pietra della valle di Stino, il quale si impegnava a
predisporre una notevole quantità di pietre, comprendenti
lastre, capitelli, gradini, al prezzo di L. 345 e soldi 3, da
consegnare fuori della porta di Cologno della città di Bergamo.
La valle di Astino è la bellissima valle ad occidente della
città, dove si cavava una pietra arenaria gialla molto bella. La
fornitura fu pagata il 28 Agosto 1746 e si deve supporre a quella
data tutto il materiale era stato regolarmente consegnato. La
documentazione riprende dal mese di dicembre dellanno 1746
con una grossa novità; chi scrive infatti non è più don
Francesco Maria Vitalba, bensì il nuovo arciprete, il suo
giovane nipote don Francesco Giuseppe. Ma leggeremo altrove
queste vicende.
In quei giorni
invernali, si provvedeva, come era ormai consuetudine, a
predisporre i mezzi ed i materiali per la fabbrica. Le donne
filavano a pieno ritmo; queste donne parmi che siano
inferovarate, e però se V.S. Ill.ma avesse la congiuntura di
provederne dellaltro, sarà ben fatto per non lasciarle
otiose. Gli uomini erano impegnatissimi a tagliar
legna, nelle boschine del Serio, per la fornace. E già si
pensava alle chiavi in ferro per sostenere la volta, la cui
costruzione era prevista per il 1747. Nel frattempo a Bariano
erano giunti i primi travelli in legno che si
stavano predisponendo per il tetto, e si raccoglievano offerte di
lino.
Li signori Marchesi Terzi hanno dato alla fabbrica lino
pesi 3, lire
Ma non appena i
lavori ripresero, si scoprirono altri notabili errori
anche nella pianta e nelle lesene; era impossibile
ricondurre il tutto al disegno, né quasi né anco
allingresso. LArciprete quindi chiedeva
urgentemente la visita dellArchitetto avanti
dandar in villa, ò pure che doni la libertà al Capomastro
di operare come gli parrà meglio, ò come potrà secondo le
presenti circostanze.
Qui interviene,
purtroppo, una nuova interruzione dei documenti darchivio,
che ci impedisce di definire nei dettagli le vicende. Si giunge
così allinverno 1748; proseguiva a buon ritmo la filatura
del lino e della stoppa per reperire i fondi necessari per i
lavori della successiva stagione. A primavera iniziò la
costruzione delle volte interne della chiesa, mentre si ricercava
per tutto il territorio la generosa
pietà
di legna di qualunque tipo per una nuova indispensabile fornacciata.
Ad Agosto si era
affrontata anche la seconda pontata, cioè
molto probabilmente la tazza a vela; ma i debiti stavano
impressionando ormai i parrocchiani. Si pensava di iniziare anche
la costruzione della volta sopra il presbiterio ed il coro, ma
serviva una chiave in ferro che Gregorio Cumetti di
Zandobbio
non vole saper altro di chiave, sinchè non venga
intieramente pagato per le altre. Le opere proseguirono
certamente, nonostante le difficoltà economiche, ma la
documentazione darchivio è ancora una volta incompleta per
più di un anno. Nel mese di Settembre 1748 si era giunti alla
necessità di provvedere per le finestre; in nostro Abate aveva
già preso impegni con certo Giovine Maragone,
ma lArciprete era più propenso ad assegnare il
travalio di Giuseppe Puretti di Romano in compagnia di Francesco
Pandino; questultimo era di Bariano ed aveva
grandi necessità di lavorare, anche se non era falegname
specializzato.
Alcuni giorni
più tardi lArciprete spedì a Bergamo la nota delle
misure de legname occorrente, predisposta dal falegname Puretti.
Durante linverno 1749, con grande soddisfazione di tutti,
la comunità parrocchiale rimase pressoché libera da impegni
pressanti di preparazione di materiali, ad eccezione di modeste
quantità di sabbia e calcina. Le donne al contrario furono molto
impegnate, comera ormai consuetudine, per la filatura del
lino e della stoppa, che dava alti redditi indispensabili per
coprire i grossi debiti e per predisporre le opere di finitura.
La documentazione darchivio tuttavia si conclude a questo
punto, con un vuoto di 10 lunghi anni. Ormai ne sappiamo
abbastanza su questa travagliatissima Fabbrica, che per quasi 10
anni ha fatto dormire sonno assai grami ai nostri progenitori.
Essa, sappiamo da altre fonti, fu completata nel 1750, anche se
le opere di finitura, abbellimento ed arricchimento, continuarono
ancora per decenni.
( versione integrale stampabile )
Bibliografia:
- "Bariano: profilo storico, testo e fotografie di Bruno
Cassinelli, Antonio Maltempi, Mario Pozzoni, Cassa rurale ed
artigiana di Bariano (1986)"
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